Videoartista

Marcantonio Lunardi

Dal contesto sociale al tempo sospeso

Preferisco e amo lavorare di notte: la notte mi consente – scenograficamente – di eliminare molti oggetti [...] che sarebbero troppo invasivi nella narrazione.

Marcantonio Lunardi (Lucca, 14 maggio 1968) si diploma in regia documentaristica e dal 2001 inizia ad occuparsi di documentazione sociale e politica lavorando a installazioni, documentari e opere di videoarte.
Dopo i master al Festival dei Popoli di Firenze con Michael Glawogger, Sergei Dvortsevoy, Thomas Heise e Andrés Di Tella inizia un percorso nel settore delle immagini in movimento sperimentando linguaggi al confine tra il cinema del reale e la videoarte. Le sue opere trovano spazio in prestigiose istituzioni internazionali come il National Art Center di Tokyo, la Galeri Nasional Indonesia di Jakarta, la Fondazione Centro Studi Ragghianti di Lucca, il Video Tage Center di Hong Kong e altri. Lunardi partecipa come ospite a vari festival di cinema sperimentale e videoarte e a numerose biennali d’arte contemporanea tra cui la Bienal del Fin del Mundo in Cile e Argentina, la Chongqing International Biennale of Contemporary Art in Cina e la Bienal Internacional de Videoarte y Animación in Messico.

Attualmente l’artista vive e lavora, per sua scelta, nel villaggio di montagna di Bagni di Lucca a 25 Km da Lucca (Italia)

www.marcantonio.eu

Biografia di Marcantonio Lunardi
Documentario

Dal contesto sociale al tempo sospeso: Marcantonio Lunardi

L’incontro con Marcantonio Lunardi è avvenuto in luoghi diversi e con lui – rispetto allo spazio di riferimento, quello dello studio – è stato indagato anche ciò che si trova ai due “estremi” temporali: il set e la galleria. Dopo averlo seguito in questi differenti contesti, abbiamo cercato di restituire una intuizione del suo lavoro fatta di una rarefazione di accadimenti, di tensioni latenti, di un uso di colori “freddi”, di suoni aspri, per arrivare ad una sorta di mise en abyme dell’artista, che diviene oggetto di uno sguardo, posto al centro, osservato come se fosse l’opera egli stesso.

Crediti

© 2020 Documenti d'artista
Documentario: Giuseppe Cassaro, Gianluca Paoletti Barsotti, Nicola Trabucco
Intervista e schede: Elena Marcheschi, Marzia Maestri
Responsabili scientifici: Elena Marcheschi, Gianluca Paoletti Barsotti, Marzia Maestri

Progetto

Sanctuary

 

L’opera vuole riflettere su una tematica poco trattata e in genere poco considerata. Sanctuary infatti è una narrazione di quelle attività produttive che con il tempo sono divenute rare e rischiano l’estinzione. Lo stato ha demandato alle singole autorità regionali la loro conservazione attraverso azioni mirate alla tutela. La regione Toscana per esempio ha prodotto una legge sulla “Salvaguardia e valorizzazione delle attività̀ rurali in via di cessazione” atta a censire e tutelare le realtà presenti sul territorio.

Ma queste leggi sono sufficienti a mantenere in vita le culture produttive tradizionali?

Ogni giorno attività di questo tipo cadono sotto l’avanzata di un’economia aggressiva che livella la produzione uniformandola nei costi e nei prodotti e decretando la fine della diversità geografica, etnografica e antropologica.

I mestieri tradizionali sono isole di storia, bolle temporali in cui il gesto assume una dimensione ancestrale che sopravvive nelle mani dei pochi che ancora lo praticano.

Le operazioni di salvataggio tendono a conservare l’esistente ma raramente lo inseriscono in un circuito specifico che gli permetta di sopravvivere a fronte della produzione industriale.

In questo modo anche l’artigiano legato al mestiere tradizionale diventa oggetto di culto fino ad essere considerato un elemento raro da musealizzare.

Il concetto di museo-Italia nasce nel 1796 grazie a Antoine-Chrysostome Quatremère de Quincy che nelle Lettres à Miranda considera l’Italia come una specie di museo generale, un deposito di tutti gli oggetti che servono allo studio delle arti. Tale visione sarà criticata da Marinetti nel primo Manifesto futurista: “Musei: cimiteri!… Identici, veramente, per la sinistra promiscuità di tanti corpi che non si conoscono”.

I lavoratori dei mestieri tradizionali, pur rimanendo liberi di essere sé stessi, di conservare le proprie conoscenze, di continuare a raccontare i mondi del passato, sono presentati in una nuova prospettiva che demolisce qualsiasi eufemismo: al pari delle statue dei santi e degli eroi sono diventati pezzi da museo chiusi in teche con pareti trasparenti. Spazi in cui il tempo si ferma in una immobilità eterna, dove le pareti di cristallo formano confini impenetrabili ai suoni ma così trasparenti per poter apprezzare i gesti e i volti di questi lavoratori. Gesti ripetuti per la loro estetica ma svuotati di forza economici e di significato sociale.

Le teche che li conservano sono collocate all’interno degli stessi ambienti che sono state fonte di economia, cultura, tradizione. Luoghi trasformati in magnifiche scenografie in ricordo di un tempo che non esiste più.

Fonti e ispirazioni